Una riflessione
Il mondo della cooperazione in questi ultimi anni è molto cambiato. E l’occasione per una riflessione su questo argomento è stata l’assemblea annuale della nostra Associazione, “…Con vista sul mondo E.T.S.”, che ha festeggiato i 20 anni della sua attività.
Siamo partiti dalla nostra esperienza in terra africana. Infatti abbiamo operato in vari paesi come Eritrea, R.D. Congo, Burundi, Malawi, Benin, Togo, dove abbiamo apportato contributi all’autonomia sanitaria, con la formazione del personale e la costruzione di strutture ospedaliere. Più recentemente il nostro sforzo si è esteso anche a progetti economico-sociali ed educativi, finanche in Italia. Grande attenzione è stata posta all’etica dell’intervento, nel rispetto delle realtà locali, dalle tradizioni alla mentalità delle popolazioni incontrate e cercando sempre il supporto umano locale, per far diventare quel progetto un “loro” progetto, tessendo più stretti rapporti di reciproco aiuto con referenti locali affidabili e competenti. Perché non importa chi fisicamente si reca sui luoghi; chiunque parte sa di essere espressione di una comunità in nome della quale interviene e nella quale ciascuno opera nel silenzio, contribuendo a rendere possibile un sia pur piccolo avanzamento nella restituzione della dignità e della vita dei più sofferenti.
Abbiamo purtroppo capito, soprattutto nei tempi più recenti, come le nuove forme di colonizzazione da parte di soggetti finanziari internazionali abbiano determinato l’aumento di ricchezza per una ristretta cerchia di persone africane, senza alcuna ricaduta sulla popolazione più povera, accrescendo le tensioni locali.
D’altro lato, si fa più forte l’esigenza di eliminare lo spontaneismo, non sempre produttivo, della solidarietà, a favore di maggiore consapevolezza di obiettivi, attività e risultati attesi; anche se ciò implica una maggiore burocratizzazione, favorisce un modo di agire dei soggetti della cooperazione più preciso e professionale. La nostra Associazione ha deciso di intraprendere questo cammino, che garantisce trasparenza e confronto sistematico, grazie anche agli odierni strumenti di comunicazione.
Tante persone ci hanno accompagnato in questi anni, altre ci hanno lasciato, alcune hanno intrapreso altre strada. Comunque, l’abitare e lavorare nel volontariato ha significato per ciascuno di noi dare contenuto e valore aggiunto alla propria vita. E, parafrasando San Paolo (1Cor 3, 6-9), abbiamo sperimentato che “c’è chi pianta, chi innaffia, ma che è la Grazia di Dio che fa crescere…”.
L’avventura è nata da pochi volontari medici che, a partire dal 2003, si sono ritrovati ad impegnarsi per raggiungere l’obiettivo comune: riunire gli sforzi di chi, nella nostra piccola provincia, è disponibile ad attività di volontariato verso i popoli impoveriti, particolarmente in Africa, nella convinzione che la costruzione di un mondo più giusto, più attento ai bisogni degli ultimi, passi dai ”piccoli e grandi” gesti quotidiani e venga alimentata da una volontà costante, da genuino entusiasmo e da una carità disarmata.
E infine vogliamo rivolgere un invito ai giovani che, con l’entusiasmo dell’età, possono infondere rinnovata passione e nuove idee, impegnandosi in questa forma di volontariato che apre cuore e mente sulla realtà globale, perché il nostro futuro passa da qui.
Daniele Benedini
Medico di Medicina Generale
Presidente
foresta del Malawi (Paese del Sud–Est dell’Africa) che la onlus mantovana “Con vista sul mondo” da circa cinque anni sostiene con un suo progetto, Daniela e io salimmo sulla Toyota di Anna per visitare un carcere a quindici chilometri da Blantyre. Con noi, padre Benito che lì avrebbe celebrato la Messa. Anna Tommasi è una missionaria laica italiana, che da circa vent’anni opera in Malawi con progetti di educazione scolastica, di aiuto alle famiglie più povere. Soprattutto si prende cura dei detenuti («gli ultimi degli ultimi», come lei dice) in quelle fatiscenti carceri. Una guardia ci aprì la porta che immetteva direttamente nel cortile del carcere, dove circa centocinquanta detenuti aspettavano l’inizio della celebrazione. Uno spazio di duecento metri quadri al massimo conteneva l’immagine più desolante, più sofferente, più abbandonata di una umanità che aveva perso qualsiasi speranza in una possibile rivincita. La metà di loro era positiva all’Hiv e sui loro volti la rassegnazione e lo sconforto si erano trasformati in apatia e indifferenza. Durante la Messa un piccolo coro di detenuti, motivati per la presenza di stranieri, intonò canti locali struggenti e malinconici. Alla fine della celebrazione, Anna distribuì a ciascuno una saponetta e un dentifricio. Ai pochi che di lì a qualche giorno sarebbero usciti, diede qualche indumento decente. E questa è una delle tante e azzeccate idee di Anna, che ama la concretezza e la semplicità nelle sue azioni, immerse in un così grande spirito di carità. Stavamo uscendo dal cortile quando si avvicinò un detenuto accompagnato dalla guardia che aveva diretto il coro e, con sguardo timido e imbarazzato che mal si armonizzava con quel corpo possente, ci disse che, a nome dei compagni, aveva una richiesta da fare: il dono di una piccola pianola. La musica e il canto sono l’unico vero sollievo, la sola possibilità di tornare finalmente a respirare in quell’infernale posto, dove rispetto e dignità umana non esistono. Immediatamente ci venne spontaneo promettere una pianola per Natale. Saliti sul retro dell’auto e atteso qualche minuto, due giovani carcerati salivano, con una guardia, al nostro fianco. Anna ci spiegò che il direttore del carcere aveva chiesto il favore di accompagnare i due detenuti, ormai allo stadio terminale dell’Aids, nel carcere cittadino principale di Chichiri, dove esiste una infermeria e dove avrebbero potuto trascorrere gli ultimi giorni della loro vita. Una volta giunti, il grande cancello esterno del carcere si aprì: ultima tappa di un viaggio terreno misterioso e terribile, a cui solo il buon Dio darà il vero significato. È una semplice e ordinaria storia africana, di straordinaria e provocante umanità. Di quelle che i volontari operanti in Africa vivono frequentemente. Compito delle nostre onlus rimanga quello di mantenere vivo nella società moderna il senso della solidarietà, dell’accettazione e della condivisione della sorte dei più deboli. Daniele Benedini
Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo.
MALALA YOUSAFZAI
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